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31 ago 2012
Strumenti per la content curation
50+ list of Content Curation Tools. http://www.seosandwitch.com/2012/06/content-curation.html
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20 feb 2012
L'esercito americano su Pinterest
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24 gen 2012
Twitter acquisice Summify
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28 gen 2010
iPad mangia Kindle?
Il tanto atteso iPad, il tablet pc della Apple, ha fatto la sua apparizione al Keynote. E' ora di assaggiare le caratteristiche del nuovo gioiellino presentato da Steve Jobs. Guarda subito una demo ufficiale della Apple per capire di che si tratta.
Il video è visibile anche sul sito ufficiale.
Al recente evento tenutosi a San Francisco la Apple ha anche annunciato che la versione base dell'iPad costerà $499. Niente male davvero visto quanto è necessario sborsare per accaparrarsi altri prodotti Apple. Già si sente il Kindle di Amazon tremare visto che l'iPad può fare molto ma molto di più del più famoso e-book reader sul mercato. L'iPad si presenta superiore non solo per quanto riguarda l'esperienza web ma anche facendo leva sulla potentissima arma del già rodato App Store. Si chiama iBooks la prima app targata Apple che costituisce un gigantesco scaffale di libri digitali. Si può anche comprare libri in formato ePub grazie all'iBookstore integrato nell'applicazione. Insomma grazie al nuovo tablet pc di Cupertino, internet sta per rivoluzionare anche il mercato del libro (almeno quello a stelle e strisce) proprio come l'esperienza di iTunes ha già fatto con la musica.
Ma sarà davvero la fine degli altri ebook reader che proprio in questi mesi si stanno affermando in USA? Sembra proprio di no visto che l'iPad, a ben vedere, non è altro che una versione più grande e sofisticata dei vari iPod Touch e iPhone. Visto che non integra la tecnologia dell'E-Ink, a rigore di definizione l'iPad è un tablet pc, non un ebook reader vero e proprio. I fattori che potrebbero far esplodere le vendite di questo prodotto sono il prezzo interessante ed il fatto che è un prodotto Apple. Certo per essere un display retroilluminato quello dell'iPad è davvero un gioiello in fatto di regolazione della luminosità, ma questo iPhone gigante sarà davvero il device giusto per leggere un libro per diverse ore ed in qualsiasi ambiente? Probabilmente l'iPad si affermerà ugualmente sul mercato anche come ebook reader grazie al prezzo interessante, all'appeal del prodotto cool e alla versatilità tipica di tutti i mini computer. La Apple fa la sua prima mossa per attaccare il mercato del libro elettronico. A questo punto sarà interessante confrontare le sorti di iPad e Kindle: staremo a vedere se alla gente interessa davvero leggere libri o altro...
11 feb 2009
Google Maps, il Prado e la festa del gigapixel
Le mappe e gli itinerari targati Google promettono di rivoluzionare il turismo culturale. Tramite Google Maps e Google Earth è possibile osservare da vicinissimo, praticamente al microscopio, 14 capolavori ospitati dal Museo del Prado di Madrid. Non mappe stradali o percorsi geoweb ma vere e proprie navigazioni all'interno dei dipinti grazie al gigapixel ed al zoom-in digitale.
Il cortocircuito geografia/arte ha folgorato per prima Clara Rivera, una dipendente di Google Spagna. La sua visione: catturare e rendere realmente visibili dettagli come le lacrime che scorrono sui visi ne "La discesa dalla Croce" di Van der Weyden o la piccola ape posata su un fiore ne "Le tre Grazie" di Rubens. Dettagli normalmente non disponibili allo sguardo di un occhio umano. Il team spagnolo di Google ha dunque il merito di aver costruito questa collaborazione tra Big G, l'azienda spagnola Madpixel (specialisti nel campo dello scatto e assemblaggio di fotografia ad alta definizione) ed il Museo del Prado. "Un'immagine non sostituisce l'esperienza di un'opera in diretta", avverte il direttore del museo Miguel Zugaza. Ma aggiunge: "Non c'è modo migliore per rendere tributo ai grandi maestri che universalizzare la loro arte e renderla accessibile al maggior numero possibile di persone".
Certo manca la visione di insieme sul quadro, quel quid impalpabile che è il punto di vista umano fisicamente di fronte all'opera. Da sempre gli artisti realizzano le loro opere pensando a quel punto di vista, non certo all'occhio elettronico. Eppure solo grazie al microscopio digitale ci rendiamo conto di dettagli minuti che pure esistono e che solo un occhio attentissimo, avendo a disposizione ore e ore nonchè la migliore mobilità possibile rispetto alla tela, può cogliere. In Google Maps, prova a osservare "Il Giardino delle delizie" di Bosch ad esempio. Una libera navigazione di tipo digitale, oltre a sopperire agli inevitabili vuoti della fruizione "dal vivo", potrebbe dare una spintarella decisiva a quelle persone vagamente interessate all'arte che hanno però poco tempo per viaggiare, documentarsi, esplorare. A tal proposito immagina cosa può significare la digitalizzazione della volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo. Certo la visione dal vivo di quell'ambiente è uno spettacolo che toglie il fiato, ma gli affreschi in alto? Chi li ha mai visti da vicino? Il megapixel dunque come succulenta anticipazione: un supporto visivo che può stimolare l'approfondimento, un complemento per godere più consapevolmente dell'arte... a patto, s'intende, di coronare l'esperienza con una visita reale.
Ma il lavoro da svolgere per rendere realtà questo sogno si preannuncia monumentale. Solo per scattare (di notte ovviamente) le 8.200 fotografie ad altissima risoluzione necessarie alla riproduzione dei 14 quadri del Prado ci sono voluti 3 mesi di lavoro. L'idea di fotografare ad altissima risoluzione parte da lontano (ad esempio in Italia con Haltadefinizione della Hal9000 di Novara e Xlimage) ed è legata all'esigenza di verificare in modo scientifico la qualità dei restauri. Grazie agli scatti ad altissima risoluzione ed al loro assemblaggio in un renderer 3d viene composto una sorta di puzzle digitale che consente di rendere fruibile una risoluzione di circa 14.000 megapixel. La fabbrica del gigapixel, l'azienda spagnola Madpixel, ha impiegato poi altri mesi di lavoro per mettere a punto l'assemblaggio e perfezionare ulteriormente il viewer Flash/XML utilizzato in Google Maps.
Madrid ha battuto sul tempo tante altre capitali del mondo offrendo lo sguardo a 14 gigapixel sui suoi tesori. A oggi non è dato sapere se l'apertura di questo scrigno porterà reali vantaggi economici a Google, ma intanto Big G ha cominciato a piazzare la sua bandierina. Non dimentichiamo che il terreno della geolocalizzazione e del geoweb è attualmente uno dei più animati nell'ambito della corsa tecnologica. Speriamo ora che si realizzino le precondizioni per trasformare questa idea in qualcosa di economicamente sostenibile così da far crescere progetti come questo. Sarebbe già una conquista eccezionale vedere online i quasi mille gioielli ospitati dal Prado che custodisce le collezioni di Rubens, Rembrandt, Dürer, Goya, Velàzquez, Raffaello, Tiziano... All'umanità intera non resta dunque che augurare sviluppi futuri a questo pionieristico progetto.
1 commenti Tags: geoweb, google, social media
20 ott 2008
Gracenote sa cosa c'è nei tuoi mp3
Hai un file musicale mp3 e ti manca il titolo. Che fai? Già da qualche anno basta far girare l'mp3 oppure il CD nel player ed il componente di Gracenote ti dirà chi è l'artista, il titolo dell'album, il titolo del brano, la copertina dell'album, il compositore e molte altre informazioni, anche quando apparentemente manca qualsiasi appiglio.
Gracenote è un componente software ma è anche l'ennesima parabola targata new economy: come passare dall'open source al closed source nel giro di pochi anni. Non appena si comincia a sentire odore di business naturalmente. In questo caso si parla dei 260 milioni di dollari che la Sony ha speso nell'aprile 2008 per rilevare la Gracenote il brand proprietario di quel magico pezzo di software che permette al tuo player mp3 preferito (tipo Winamp o iTunes o iPod) di riconoscere file musicali.
In pratica un client software elabora una chiave identificativa (quasi) totalmente unica per ogni brano mp3 o CD, la confronta con il database e in caso di match restituisce le informazioni del caso. La vera magia di Gracenote risulta evidente soprattutto quando manca qualsiasi informazione e viene usata come chiave identificativa l'impronta del waveform audio: in questo caso lo spettro sonoro del file mp3 viene passato ai raggi X ed avviene un vero e proprio riconoscimento acustico. Il meccanismo è semplice ma geniale. Ben più complesse le dinamiche commerciali e tecnologiche che si accompagnano al sistema.
Ma prima un pò di storia per capire meglio cos'è Gracenote. Quest'anno la company ha celebrato il suo decimo anniversario. Curiosamente, sono gli stessi fondatori di Gracenote ad attribuire ad Andy Hertzfeld (uno dei membri del primissimo design team di Macintosh) la paternità dell'idea di un sistema di riconoscimento automatico della musica. Con una piccola azienda ormai defunta, Andy Hertzfeld sviluppò un macchinario in grado di identificare un album musicale su CD. Ma l'apparecchio non si collegava ad un database in rete.
Sarà il web a far fare il salto di qualità. Entra in scena Ti Kan, uno sviluppatore di applicazioni per CD player, che lancia l'idea di collegare la sua applicazione (Xmcd) con la tecnologia dei metadata su CD e con un servizio web based. Ti Kan rende il suo lavoro open source e aperto sia alle connessioni esterne che ai contributi degli utenti. Dalle sottomissioni via mail automatizzate di Xmcd agli aggiornamenti in tempo reale dei server CDDB (Compact Disc DataBase) progettati da Steve Scherf il passo è breve. Una buona fetta dei dati venivano raccolti anche dai database delle etichette discografiche o di altre entità. Siamo così a dieci anni fa, la pionieristica epoca di CDDB.org, alla vigilia del ciclone Napster. "Dark Side of the Moon" dei Pink Floyd fu il primo album caricato.
Nell'arco di poco più di un decennio migliaia di appassionati di musica e di attivisti dell'open-source sparsi per il mondo hanno silenziosamente dato il loro contributo alla causa della catalogazione di tutta la storia della musica. Una bella favola freeware finita nel marzo 2001: CDDB ormai diventato Gracenote taglia tutti gli accessi senza licenza al database. Il cambio di rotta fa nascere uno spin-off: il progetto Freedb, che è intenzionato a rimanere gratis e libero. All'epoca del salto da CDDB.org alla company Gracenote si disse che in realtà il vecchio database era rimasto pubblico. Resta il fatto che Gracenote (l'azienda) è riuscita a monetizzare il lavoro di volontari non pagati accumulando la quantità di dati necessaria per dare propulsione ad un progetto più maturo ed organizzato.
In una intervista a Wired, Steve Scherf, uno dei cofondatori di CDDB, offre il suo punto di vista sulla vicenda di Gracenote. Il cambio di rotta avvenne quando si diffuse la notizia che Microsoft stava sviluppando un player basato su un sistema di riconoscimento CD. A detta di Scherf, Microsoft non si preoccupò nemmeno di entrare in contatto con CDDB (troppo opensourceggianti e dilettanteschi?) e commissionò a terze parti lo sviluppo di un sistema di riconoscimento. Questo fatto e le richieste commerciali sempre più pressanti per nuovi sviluppi, deve aver spinto i fondatori alla inevitabile conclusione: farsi pagare per lavorarci (cercando di non snaturare la direzione originaria). Scherf difende la sua scelta anche argomentando che il focus di un lavoro così dedicato non si può avere dalla somma degli sforzi di una community. Certo con Gracenote il sistema identificativo acustico ha fatto un salto di qualità notevole per quanto riguarda l'accuratezza del match ma senza il lavoro dietro CDDB non si sarebbe mai potuto esprimere il potenziale e la pubblica utilità del meccanismo.
Dopo l'acquisizione da parte della Sony salta fuori un aspetto ben più importante del gonfiore dei portafogli dei fondatori di CDDB e di Gracenote. Apple iTunes, iPod, Winamp, i player portatili e l'hardware incluso in certi modelli di automobili... sono tutti pezzi di un universo tecnologico e culturale che ruota intorno alla musica digitale (sempre più mp3 scaricati legalmente o meno) e che si appoggia quasi sempre sulle informazioni provenienti da Gracenote. Insomma Gracenote sta alla musica digitale come Google sta al web planetario... ma meno vistosamente. Di fatto oggi una delle quattro major del disco ha le mani sul più grande database musicale del mondo. L’idea di vedere questi dati (che saranno sempre più importanti in futuro) venir fuori da server di proprietà della Sony non promette bene per le concorrenti. E per concorrenti non parliamo certo delle altre major (con le quali ci saranno certamente accordi...) quanto piuttosto delle etichette indipendenti.
Proprio ora che grazie al web si comincia ad intravedere qualcosa di molto interessante per la diffusione della musica indipendente e della libera espressione della creatività attraverso la musica. Le nuove fette di audience giovanile che si aggregano principalmente grazie al web sono germi attivi e vitali che si contrappongono allo strapotere delle major musicali e di quel blocco di corporations che sponsorizzano, controllano e omologano la musica destinata alle grandi masse. In questo Gracenote (insieme a Freedb ovviamente) può ancora svolgere un ruolo edificante e fare qualcosa di buono (e di free) per l'umanità così come all'epoca di CDDB.org. Per dirne una, "The Indie Band Survival Guide", un simpatico blog che fornisce a piccole band amatoriali consigli per la sopravvivenza, spiega come fare a sottomettere a Gracenote informazioni relative alla propria band. Ci sono anche player che dialogano con FreeDB. Se suoni e sei in una band, speriamo che valga la pena conservare il waveform delle tue cose.
Tra i tanti progetti che oggi sta sviluppando Gracenote (controllo tramite comandi vocali, riconoscimento video, ecc ecc) è interessante lo spostamento sempre più interessato verso la ricerca di nuovi sistemi di gestione intelligente del dialogo tra il consumatore e l'informazione disponibile ovvero raccomandazioni musicali e playlist sempre più vicine ai gusti dell'utente. Insomma con Gracenote, l'industria musicale continua a fare di tutto per arrivare in qualche modo a tirare fuori soldi da quei miliardi di mp3 scaricati (legalmente o illegalmente) o rippati dalla gente.
2 commenti Tags: musica, social media
23 apr 2008
Getting Things Done con Gmail
Popolo di Gmail udite udite: torna "Getting Things Done with Gmail". Più semplicemente GTDInbox o anche GTDGmail (come l'ha ribattezzata qualcuno). Considerata una delle migliori extension per Firefox di sempre, GTDInbox è giunta alla versione 2.0 e promette di farti dimenticare "Remember the Milk". GTDInbox potrebbe convincerti dell'inutilità di tenere separate le tue email dalle tue ToDo list. Alla base di questo potente organizer per le attività lavorative c'è "Getting Things Done", un metodo che ti aiuta ad organizzare al meglio il tuo tempo in rapporto alla lista delle cose da fare ottimizzando al massimo le priorità utilizzando un approccio semplice, adattabile ed efficace. David Allen ha ideato il sistema e ne ha fatto un best seller planetario tradotto in italiano un paio di anni fa con il titolo "Detto, fatto!" (Sperling & Kupfer).
Come scrive Matteo G.P. Flora in un post sul "Getting Things Done" si tratta di un metodo per gestire i flussi di informazioni in ingresso e per smistarli. Per approfondire sul "Getting Things Done" rimando anche al post di ottantaventi e a quello di 43folders.
Come tutte le idee che ricordano l'acqua calda perchè semplici ma geniali, il libro di David Allen è diventato un culto negli Stati Uniti. Ricorda l'acqua calda anche perchè scendendo nei dettagli ci si rende conto di quanto i fondamenti del GTD siano estrapolati dalle naturali inclinazioni della nostra mente a contatto con questioni organizzative e con la percezione del tempo. Lo scopo finale è il relax: catalogare bene ti dà la sicurezza di non perdere informazioni o appuntamenti importanti; dare il giusto peso alle scadenze ti aiuta a sgomberare la mente dai mille assilli automaticamente generati dalla frenesie della vita di tutti i giorni.
Ma torniamo a Gmail ovvero a "Getting Things Done with Gmail": se è vero che la nostra mente è inconsciamente e naturalmente compatibile con il GTD, non lo sono allo stesso modo gli strumenti che utilizziamo abitualmente per organizzare il nostro lavoro e la nostra agenda. GTDInbox viene in aiuto soprattutto ai sempre più numerosi Googlers utilizzatori di Gmail.
Piùttosto che dividere banalmente le informazioni in cartelle, applicando etichette tipo "Next Actions", "Waiting On", "Someday" o "Finished" il sistema di gestione acquisice una dimensione temporale, un'indicazione trasversale rispetto alle categorie che aiuta a diluire la percezione delle scadenze. In realtà, anche senza installare questa estensione di Firefox, possiamo provare a gestire la nostra Gmail secondo GTD: basta concepire, oltre alle etichette di categoria che usiamo abitualmente, un altro gruppo di etichette corrispondenti a vari livelli di "priorità". Il sistema funziona se riusciamo a tenere libera la Inbox. Ma GTDInbox ha dalla sua i fondamentali link che raggruppano le azioni per fasce cronologiche rispetto al momento della prima catalogazione, dandoci un quadro cronologico più preciso: cos'era "next" ieri, l'altro ieri, la settimana scorsa, ecc. Tra l'altro, rispetto alle versioni precedenti dell'addon, è migliorata l'usabilità dei pulsanti e dei popup di controllo che permettono una più intuitiva attività di archiviazione per etichette senza aprire le mail. E poi GTDInbox per Gmail è la soluzione più veloce del West se vuoi mandare a te stesso una mail con un appunto. GTDInbox funziona con Firefox su qualsiasi piattaforma e può lavorare anche con "Better Gmail 2" avendo l'accortenza di disabilitare l'opzione "Folders4Gmail".
L'unico neo della GTDGmail è l'esagerato spazio visivo rubato alla Gmail per inserire il dashboard ed il box pubblicitario in basso a sinistra. Certo tutti box che si aprono e chiudono a piacere ma in questo modo cliccando su uno dei report di GTDGmail bisogna scrollare verso il basso per vedere qualcosa. Se proprio non ti interessa Gmail e non rinunceresti mai al tuo Outlook, esistono anche soluzioni GTD per il popolare organizer Microsoft: quella di DIY e Jello Dashboard
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26 feb 2008
Il modello Wikipedia e il vandalismo digitale
Scegli un nome a caso tra le tante personalità che ti vengono in mente. Lo spunto irresistibile per tornare ancora sul concetto di reputazione online viene da un interessante post che parla di Sergey Brin, uno dei fondatori di Google (tra l'altro è anche l'ideatore dello stile deliziosamente ingenuo del logo di Google). Più precisamente, il post parla della voce dedicata a Sergey Brin su Wikipedia.
1 commenti Tags: google, social media, wikipedia
27 dic 2007
Rottenneighbor.com, Federico Calzolari e il problema della reputazione online
Rottenneighbor.com è un social network 2.0. Ripensandoci, forse sarebbe meglio considerarlo un anti-social network. "Rotten neighbor", in italiano si può tradurre "vicino carogna". Il concetto alla base di questo sito web ideato da Brant Walker un informatico di San Diego è la raccolta e l'organizzazione di segnalazioni da tutti gli Stati Uniti allo scopo di realizzare il primo database dei vicini molesti.
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